Lucia Coppola - attività politica e istituzionale | ||||||||
Legislatura provinciale
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Comune di Trento
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Trento, 1 febbraio 2013 Gentile direttore, dati alla mano, la discussione in corso sul tema delle aperture domenicali dei negozi rischia di apparire paradossale. Naturalmente non per gli operatori e le operatrici del commercio che si stanno battendo con forza e determinazione contro questa norma ritenuta iniqua, inefficace e a ben vedere inutile. Adesso è necessario che la Provincia e i Comuni interessati abbiano una levata d’orgoglio e di buon senso e si oppongano a questo provvedimento. La sentenza della Corte Costituzionale, pronunciandosi negativamente sui ricorsi presentati da alcune regioni, sancisce infatti la liberalizzazione delle aperture prevista dal decreto «Salva Monti». Nel frattempo l’Istat ha reso noti i dati sull’andamento dei salari che sono aumentati della metà (1,5%) rispetto all’inflazione che nel 2012 è stata del 3%. Il taglio delle retribuzioni reali, soldi spendibili, è pari a un vero e proprio salasso. Il rincaro del cosiddetto carrello della spesa, dal cibo ai carburanti, è stato del 4%. Si calcola che i lavoratori abbiano perso 594 euro solo nel 2012. Se poi vogliamo calcolare l’aumento delle tariffe ci possiamo ben rendere conto delle difficoltà delle famiglie. Ecco perché, alla luce di questi dati, suona quasi ridicolo pensare che i problemi dell’economia italiana, e trentina, si risolvano con ulteriori e palesemente inutili aperture di negozi oltre quelle già previste, che non sono poche. Del resto le esperienze di queste domeniche di gennaio hanno chiaramente dimostrato la scarsa propensione delle persone a fare la spesa “anche” di domenica, fatta salva la straordinarietà di feste ed eventi speciali. Va detto che ci sono lavoratori e lavoratrici impegnati ininterrottamente da novembre, che alcuni di loro non percepiscono neanche le pur misere maggiorazioni, perché anche la domenica viene considerata come n giorno feriale. Sono persone che non hanno più una vita sociale né familiare. Sono ragazzi e ragazze giovani, che hanno diritto a vivere la loro età. Molte sono le donne, mamme di bambini e ragazzi che hanno bisogno di stare con i propri genitori almeno un giorno a settimana. È così difficile da capire? Ho incontrato al presidio dell’altro giorno, Elena (mia cara alunna). Stesso sorriso candido e stessi occhi brillanti. Mamma di tre bambini e la più grande, Martina, si è incaricata di scrivere una lettera aperta anche a nome dei fratellini: «Io non sono per niente contenta che la mia mamma vada a lavorare la domenica. Già si è persa tutta l’atmosfera del Natale, rovinando anche un po’ la nostra, perché era stanca e continuava a dire che non vedeva l’ora che passassero queste feste per stare un po’ a casa con noi. Noi siamo di Trento e la domenica abbiamo l’abitudine di mangiare la polenta ma quella che fa il papà non è proprio uguale a quella che fa la mamma. Lei mi dice sempre che le cose che ricorderò da grande non saranno i regali che mi hanno fatto, ma le giornate, le domeniche, passate insieme magari in montagna. A me piace tanto il Bondone, adoro stare tutti insieme alle Viote a fare il pic-nic e giocare con i miei due cagnolini. Questo lo pensano anche i miei fratellini, noi siamo in tre ma chissà quanti altri bambini hanno la mamma o il papà o, ancora più terribile, tutti e due i genitori commessi. Pensateci bene …». Così Martina conclude la lunga lettera che esprime il suo dispiacere di bambina, così accorata e piena di verità Ecco perché ritengo che questa sia anche una questione etica oltre che politica, di rispetto, di generosità e amore. Si può per l’egoismo e la mancanza di fantasia di qualcuno, che di domenica potrebbe fare una gita, visitare un museo, portare i suoi figli al cinema o a teatro, a trovare i nonni (tutte attività più meritevoli e meno costose di un pomeriggio “culturale” al centro commerciale …), mettere in crisi la coesione sociale, l’idea stessa di famiglia? La Costituzione tedesca prevede che la domenica sia dedicata al riposo e alla elevazione spirituale. Non si parla di festività in termini religiosi, che pure sono un diritto per chi professa la religione cattolica, in questo caso. Si parla di spirito, di un diritto laico al riposo, alla convivialità, al relax, allo sport, alla compagnia di parenti e amici nell’unico giorno in cui tutti nelle famigli sono liberi da impegni lavorativi e scolastici. Giusto perciò che i lavoratori del commercio incontrino la solidarietà di tutta la collettività e il loro sostengo. Che sentano vicine le istituzioni, che si sentano difesi e garantiti. Mi auguro di cuore che la loro sacrosanta battaglia sia vincente. Lucia Coppola |
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